Rocca Pizzicata (Roccella Valdemone, Me): un probabile sito protostorico di osservazione astronomica

a cura di

Angela Militi[1], Adriano Gaspani[2] e Filippo Bertolo[3]

PREMESSA

In questa sede si presentano i risultati preliminari, di un programma di ricerca e di studio archeoastronomico del complesso rupestre di Rocca Pizzicata, presso l’omonima località, nel territorio compreso tra i comuni di Roccella Valdemone e Santa Domenica Vittoria, in provincia di Messina.

DSC04044 Figura 1: Veduta generale del sito di Rocca Pizzicata

Nella prima fase della ricerca, è stato eseguito il rilievo topografico e le misure di orientazione, rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali, di alcune rocce e delle strutture litiche, presenti nel sito, per i quali è stata ipotizzata una rilevanza di carattere astronomico.

Successivamente i dati rilevati sono stati analizzati al fine di appurare se in fase di progettazione e di costruzione dei manufatti litici, furono adottati o meno dei criteri di orientazione astronomica che potessero dimostrare la significatività archeoastronomica di Rocca Pizzicata, tentando, in caso di riscontro positivo, di stabilire, pressappoco, l’epoca in cui le osservazioni avrebbero potuto avere luogo, in modo da identificare la popolazione stanziata sul territorio che avrebbe realizzato le strutture litiche del sito.

GEOGRAFIA E GEOMORFOLOGIA DELL’AREA

La località di Rocca Pizzicata o Pinzicata prende il nome odierno dall’enorme blocco di roccia arenaria posto su un declivio delle ultime propaggini occidentali dei Peloritani meridionali, prospiciente al fiume Alcantara.

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Figura 2: Monti Peloritani meridionali,                     Figura 3: Rocca Pizzicata, Blocco roccioso
ultime propaggini occidentali

Il sito si estende ad un’altezza compresa fra i 732 e i 600 metri sopra il livello del mare e giace esattamente sul meridiano dell’Etna (longitudine 14°59’).

DSC03989 Figura 4: Monte Etna e Rocca Pizzicata

L’area, dal punto di vista geomorfologico, è caratterizzata dall’affioramento di rocce appartenenti al Flysch di Monte Soro. Litologicamente, esso consiste di alternanze di arenarie e argille marnose.
Le rocce nel corso dei millenni, sono state sottoposte all’erosione da parte degli agenti atmosferici, principalmente vento e acqua, che ne hanno modellato le forme, facendo assumere ad alcune di esse particolari figure antropomorfe e zoomorfe.

DSC02064            DSC00715    Figura 5: Figura antropomorfa, Profilo di un volto
Figura 6: Figura zoomorfa, Cobra

NOTIZIE STORICO-ARCHEOLOGICHE SUL SITO

Il territorio presenta tracce di frequentazione umana, con diverse modalità d’insediamento, che dalla preistoria arrivano fino ai giorni nostri.
Le prime sporadiche attestazioni, attualmente note, della presenza dell’uomo in questo territorio risalgono alla tarda Età del Rame (3000 a. C.), come testimoniano alcuni frammenti di ceramica della facies di Piano Conte, rinvenuti nella grotta di contrada Marca, nel comune di Castiglione di Sicilia[4].

Grotta_Marca Figura 7: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Marca, Galleria a scorrimento lavico

Più numerose sono le testimonianze riferibili all’Età del Bronzo Antico, documentate dalle diverse tombe a grotticella artificiale, tipiche della facies di Castelluccio (2000-1400 a.C.), scavate nella roccia, rinvenute nel sito di Rocca Pizzicata e nelle contrade Balsamà e Orgale, nel comune di Castiglione di Sicilia e dai rinvenimenti quali: uno skyphos ad ansa

Tomba Balsamà        Figura 8: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Balsamà, Tomba a grotticella artificiale “Lo Squalo”
Figura 9: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Orgale, Tombe a grotticella artificiale “Grotte dei Siculi”

verticale, delle scodelline, dei coltelli di silice a sezione trapezoidale, alcune asce di nefrite e di fibrolite, delle fibule di bronzo ad arco semplice e a navicella[5], delle asce di pietra, delle seghe di silice, delle mazze[6], rinvenuti nella necropoli in contrada Sant’Anastasia di Randazzo. Nella stessa necropoli furono rinvenuti una cospicua quantità di reperti risalenti al periodo compreso tra il VI e il III secolo a.C., che attestano la presenza di un insediamento greco nella zona.
La presenza bizantina, in epoca altomedievale, è testimoniata dalla Cuba di Santa Domenica, presso Castiglione di Sicilia e dalla cella trichora dedicata al Salvatore, presso Malvagna.

DSC03728     _DSC0209 Figura 10: Castiglione di Sicilia (CT), Cuba di Santa Domenica
Figura 11: Malvagna (ME), Trichora del Salvatore

Le prime e scarse notizie su Rocca Pizzicata risalgono al XIV secolo e si rilevano da I Capibrevi di Giovan Luca Barberi, una raccolta di fonti documentarie sui feudi siciliani commissionatagli dal re Ferdinando il Cattolico agli inizi del XVI secolo.
Nell’esame storico-giuridico dei feudi del Val di Demina, il Barberi delinea un accurato profilo del feudo di Petra Intossicata[7], antica denominazione dello stesso.
L’antica denominazione, presumibilmente, è da mettere in relazione con la presenza di alcune insolite formazioni rocciose nonché per il curioso e suggestivo fenomeno della formazione delle sfere litiche che di certo avranno affascinato e, probabilmente, spaventato la gente del luogo, tanto da indurli a pensare che la pietra potesse essere “intossicata”.

DSC04056 DSC02268 DSC09104 Figure 12-14: Rocca Pizzicata, Alcune formazioni rocciose e una sfera litica in procinto di essere espulsa

Le numerose croci che si trovano incise sulle pareti rocciose del sito, testimoniano la necessità di esorcizzare o cristianizzare questo luogo.
Il giurista ci informa che il feudo, privo di abitanti, apparteneva, per antico possesso, a Federico Spatafora, barone di Roccella.
Il 9 luglio 1399, con un atto di permuta, rogato dal notaio Iacobe de Andrea, il barone Federico cedette il feudo di Petra Intossicata a Bartholomeo de Iuenio (Bartolomeo Gioeni) che in cambio dava il castello, la terra e la tonnara di Liverij (Oliveri).
La permuta fu confermata con privilegio regio, rogato a Catania in data 3 giugno 1400. In seguito la stessa fu revocata e il feudo entrò in possesso di Francesco Statella, il quale lo cedeva al figlio Ercole. Il Barberi prosegue informandoci che, tuttavia, negli atti della Cancelleria Regia, relativi al periodo, non vi è nessun privilegio d’investitura del feudo a favore dei Statella, tant’è che Giovanello Spatafora ottenne una sentenza di rivendica, mediante la quale il 3 luglio 1510 tornò in possesso del feudo. Nel 1512, Giovanello Spatafora, risulta già defunto e il feudo, per diritto di successione, passò al figlio Giovanni Michele[8].
Nel rilievo del catasto borbonico[9], eseguito dall’agrimensore Filippo Davì, datato 4 febbraio 1852, il territorio di Rocca Pizzicata risulta incluso nella sezione denominata Lanzariti[10].

IMG_4592 Figura 15: Schizzo del territorio di Roccella. Regione Siciliana, CRCD, U.O IV, Archivio cartografico Mortillaro di Villarena, mappa n. 139, autorizzazione n. prot. 6833 del 18 dicembre 2014.

DESCRIZIONE DEL SITO

Il complesso di Rocca Pizzicata può essere distinto in due settori. Il primo, più a monte, comprende un gruppo di rocce megalitiche, di cui una delle rocce più alte sembra assomigliare a una figura antropomorfa che indossa un nemes, copricapo indossato dai faraoni.

DSC03999 Figura 16: Rocca Pizzicata, Figura antropomorfa con nemes

Il secondo, più a valle, comprende un poderoso ammasso roccioso, lungo circa 390 metri e largo circa 150, il quale sembra assomigliare al corpo di un leone di profilo, sdraiato che guarda il primo gruppo di rocce.

DSC00692 Figura 17: Rocca Pizzicata, Leone

Nel primo gruppo di rocce – a cui si giunge scendendo il ripido pendio, lungo il quale vi sono diversi muretti a secco, probabili resti di vecchi terrazzamenti e svariati piccoli tumuli di pietra[11]–, ai piedi del grande megalite antropomorfo, nascosto da una roccia

DSC03992    DSC03996 Figura 18: Accumuli di pietrame di piccole                  Figura 19: Resti di un terrazzamento          dimensioni lungo il declivio

dalla forma vagamente leonina e da fitti rovi, si trova una vasca doppia[12] (A) (Lat. 37°54′ 21” N; Long. 14° 59′ 40 E).

DSC04033    DSC02676 Figura 20: Roccia dalla forma vagamente leonina     Figura 21: Vasca litica (A)

Essa è ricavata dalla roccia affiorante, leggermente inclinata, dalla quale sono state scavate le due vasche a sezione rettangolare, rivolte verso Sud-Ovest, comunicanti tramite un foro; la parete di fondo presenta una nicchia rettangolare larga 26 centimetri, alta 39 e profonda circa 20 e un po’ più in alto, in asse con esso, un foro circolare.

DSC02683    DSC02680 Figure 22-23: Nicchia rettangolare e foro circolare ricavati nella parete di fondo

Poco più in là, si trova un’altra vasca doppia (B) (Lat. 37°54′ 21″ N; Long. 14°59′ 40″ E), rivolta verso Nord-Est, anch’essa è stata ricavata scavando la roccia. La vasca maggiore ha una lunghezza di circa 238 centimetri ed è larga 133. In uno dei lati minori vi è un foro di scolo che mette in comunicazione la stessa con la vasca più piccola aperta; sul lato esterno meridionale della vasca è stato ricavato un sedile.

DSC00728 DSC00725 DSC02703 Figure 24-26: Vasca litica (B)

La struttura di queste due vasche indica che la funzione delle stesse era volta al contenimento e/o raccolta di liquidi o sostanze.
Una terza vasca doppia[13](C) (Lat. 37°54’12” N; Long. 14°59’46”) si trova scavata nella parete di nord-est del grande ammasso roccioso.

DSC02044 Figura 27: Vasca litica (C)

Essa, per la sua morfologia, rientra nella tipologia delle vasche dette letti o troni plurimi[14] La vasca superiore è a sezione sub-rettangolare, con i lari maggiori di 255 e 268 centimetri circa. La parete di fondo presenta una nicchia rettangolare larga 24 centimetri, alta circa 30 e profonda 19. La vasca inferiore è a sezione sub-ellittica, con l’asse maggiore lungo 154 centimetri e quello minore lungo 140.
Vicino alla vasca proliferano delle piante d’incenso.

DSC02045 Figura 28: Piantina d’incenso nei pressi della vasca litica C

La struttura di questa vasca denota, probabilmente, una funzione diversa rispetto alle altre due: non solo di contenimento e/o raccolta, ma anche come base o appoggio.
Le vasche rupestri sono una delle espressioni più emblematiche e singolari dell’archeologia rupestre preistorica. Sebbene le stesse presenti in molte parti d’Italia, gli studiosi non hanno ancora trovato una definitiva ed esauriente interpretazione sulla funzione di queste vasche. Tuttavia gli studi condotti sino ad ora su questi manufatti litici, hanno rilevato che la loro funzione è riconducibile o all’ambito produttivo legato ad attività agricole, o a quello culturale-religioso.
Nell’ambito produttivo questi manufatti vengono identificati come palmenti o pestarole in quanto utilizzati per la pigiatura dell’uva e/o la fermentazione del mosto. L’uva versata nella vasca superiore, il cui foro di comunicazione veniva otturato con dell’argilla, veniva pigiata con i piedi e lasciata a riposo per un 24-48 ore, dopodiché, eliminato il tappo e sfruttando la pendenza della vasca, si lasciava defluire il mosto in quella inferiore, per raccoglierlo e/o riporlo nelle anfore vinarie. Talvolta il foro di forma quadrata presente sulla parete più alta della vasca superiore testimonia l’utilizzo di un sistema di torchiatura per la premitura delle vinacce. Una funzione analoga è quella che prevede l’utilizzo delle vasche come frantoi per le olive, in questo caso però, era necessario un sistema di torchiatura. Altri possibili impieghi riguardano la concia delle pelli, vicino ai corsi d’acqua, o la macerazione di vegetali.
Nell’ambito culturale-religioso, gli utilizzi possono esser stati diversi. Esse venivano utilizzate per vari riti propiziatori, che prevedevano il sacrificio di animali o l’utilizzo di alcuni liquidi[15], quali l’acqua o particolari oli, attraverso i quali i sacerdoti conquistavano la benevolenza degli dei per ottenere i migliori risultati nell’agricoltura e/o nella vita quotidiana. Le vasche potevano essere utilizzate, altresì, per la raccolta dell’acqua piovana che in seguito veniva impiegata per abluzioni rituali o altre cerimonie legate alla Grande Madre. Solitamente nelle nicchie i sacerdoti inserivano dei bassorilievi votivi[16] o deponevano le offerte votive donate alla Grande Madre durante la cerimonia. In astronomia, le vasche, riempite d’acqua o di un altro liquido, potevano essere usate come specchio per osservare il cielo riflesso sulla sua superficie.
Dalla vasca litica C, costeggiando l’imponente parete rocciosa, si arriva a uno spiazzo, dove è presente un megalite dalla forma pentagonale irregolare.

DSC04057 Figura 29: Megalite dalla forma pentagonale irregolare

Proseguendo verso sinistra, ci s’imbatte in 4 gradini intagliati della roccia che s’interrompono prima di arrivare alla sommità del banco roccioso, questo porta a ipotizzare che per qualche motivo, il lavoro non sia stato portato a termine.

DSC00737 Figura 30: Gradini intagliati nella roccia

Qualche metro più in là vi sono altri 5 gradini intagliati nella roccia, del tutto simili ai precedenti, che conducono a una piazzola anch’essa ricavata dalla roccia, piegando ad angolo retto, altri 4 gradini intagliati conducono alla sommità del suddetto banco roccioso, dove si trova un manufatto (Lat. 37° 54′ 08″ N; Long. 14° 59′ 51″ E), interamente intagliato nella roccia, un unicum in tutta l’Isola.

DSC02074    DSC02080 Figura 31: I gradini intagliati nella roccia che conducono alla sommità del banco roccioso
Figura 32: Manufatto intagliato nella roccia

La struttura è costituita da un sedile unico, ricavato direttamente dalla roccia, che corre parallelamente alle tre pareti della stessa, largo dai 48 ai 27 centimetri e da un grande blocco di pietra squadrato, una sorta di piattaforma tronco-piramidale a base trapezoidale, sormontata da un parallelepipedo, ricavato dallo stesso blocco, lungo 190 centimetri, largo 55 e alto dai 25 ai 30, sul quale, in età posteriore rispetto alla realizzazione del manufatto, è stata incisa una croce latina.

DSC02279 Figura 33: La piccola croce latina incisa sulla tavola del presunto “altare”

Lungo il bordo della struttura sono presenti 5 fori dal diametro interno di circa 4 centimetri, profonde circa 10, destinati, probabilmente, ad accogliere dei piccoli pali   lignei[17].

DSC09147 DSC09150 DSC09152                                 DSC09153    DSC09155                                              Figure 34-38: I cinque fori presenti lungo il bordo del manufatto

Non ci sono certezze sulla funzione di questo manufatto. L’opinione più diffusa attribuisce a esso una funzione di altare o ara sacrificale; osservandolo con più attenzione si rileva che la panchina non può assolvere la funzione di sedile per tutta la sua lunghezza in quanto la distanza tra essa e la piattaforma tronco-piramidale è di soli 36 centimetri quindi risulta scomodo sia stare seduti che in piedi dietro di essa, di conseguenza il sacerdote non poteva officiare la cerimonia stando dietro la piattaforma ma doveva posizionarsi ai suoi lati o poco più in giù della struttura, questo porta a pensare che la stessa avesse anche un’altra funzione.
Qualche metro più in là dall’“altare”, si trova un enorme monolite che osservato da un’altra prospettiva, sembra assumere l’aspetto di un teschio zoomorfo allungato;

DSC02082       DSC09157 Figura 39: Monolite visto dall’“altare”                              Figura 40: Monolite visto da un’altra prospettiva

sulla parte posteriore dello stesso si trova inciso un esagono.

DSC09162 Figura 41: Esagono inciso sulla parte posteriore del monolite

Al di sotto del monolite si trova un vano litico.

DSC02084      DSC02083 Figure 42-43: Vano litico

Al margine nord del banco di roccia, sono presenti quattro pozze digradanti, dove l’acqua piovana defluendo attraverso tre piccole pozze si raccoglie in una pozza più grande, di forma sub-ellittica, posta più in basso, in cui si trova incisa una croce latina.

Immagine 1 Figura 44: Le quattro pozze digradanti

L’acqua piovana defluisce anche attraverso una specie di canaletta che si riversa in una delle tre piccole pozze.

DSC02278 Figura 45: La canaletta

Si è portati a ipotizzare che la pozza più grande fosse utilizzata come specchio per osservare il cielo riflesso sulla sua superficie. Dal Naturales Quaestiones di Seneca (4 a. C. -65), sappiamo che era abitudine presso gli antichi osservare il Sole riflesso in un liquido scuro[18].
Al di sotto del banco roccioso si apre una cavità naturale che, molto probabilmente, in passato serviva come riparo; ancora oggi essa viene utilizzata per altri usi.

DSC02085 Figura 46: La cavità naturale al di sotto del banco roccioso

Proseguendo verso destra dal monolite dalla forma pentagonale irregolare, si trovano altri gradini intagliati nella roccia che conducono a un sentiero posto fra due pareti.

 DSC09098 Figura 47: Altri gradini intagliati nella roccia

Dopo pochi metri, ci s’imbatte in una coppia di croci incise nelle due pareti rocciose, poste una di fronte all’altra, di cui una è una croce latina mentre l’altra è una croce potenziata, quest’ultima utilizzata anche dai Cavalieri Templari.

                             IMG_0684      IMG_0682                                    Figure 48-49: Coppie di croci incise nella roccia, una di fronte all’altra

Sulla parte rocciosa, al di sopra della croce potenziata, si aprono numerose cavità, alcune delle quali, molto probabilmente, in epoche passate, furono utilizzate come sepolture.

DSC02092 Figura 50: Le numerose cavità, di varia grandezza, che si aprono nella parete rocciosa

Dopo aver costeggiato tutta la parete rocciosa addentrandosi in un boschetto di querce, si raggiunge la parte meridionale, quindi inerpicandosi lungo la stessa, nella quale si trovano i resti di un muretto a secco e di un sedile a forma triangolare intagliato in una roccia,

DSC02329     DSC02776 Figura 51: Il sedile a forma triangolare, simile a quello che si trova intagliato sulla “Pietra dei sette scalini” nel sito dell’Argimusco
Figura 52: Muretto a secco

si giunge a un piccolo spiazzo roccioso posto tra due banchi rocciosi, sui quali si trovano incise altre due croci latine quasi affrontate.

                                  DSC02293      DSC02294                                       Figure 53-54: Le due croci latine incise nella roccia quasi affrontate

Ai piedi del banco roccioso di destra, sotto la croce, vi è una roccia che reca incisa un’iscrizione.

DSC02780 Figura 55: Banco roccioso sotto al quale si trova la roccia con l’iscrizione

Essa, costituita da una sola linea di scrittura disposta orizzontalmente, è composta da quattro lettere. Il tratto è poco profondo, il ductus è destrorso[19].

DSC02779 Figura 56: Le quattro lettere incise nella roccia

L’esame autoptico nonché l’utilizzo di tecniche d’image processing hanno permesso di distinguere le scalfitture della roccia dalle tracce delle lettere, identificando quest’ultime con una buona approssimazione.

AXX Figura 57

La prima lettera, P, presenta un occhiello tondeggiante, inferiormente aperto e l’asta verticale con tratto leggermente incerto; la seconda e la quarta lettera sembrano presentare una traversa aperta, tracciata con incertezza nella prima e molto breve nell’altra, che permette di identificarle come due A; la lettera X è in nesso[20] con la I.
I quattro caratteri sono, apparentemente, riferibili sia all’alfabeto latino che a quello greco maiuscolo.
La trascrizione è, quindi, la seguente:

PAXIA

Quando al latino, rimane difficile stabilire, in mancanza di altri elementi, se Paxia sia nomen femminile o cognomen.
Come nomen, in ambito siciliano, è attestato in un documento del 1311, relativo alla dote di Belrisia, figlia di Michele de Nicacio e di Paxia[21].
Come cognomen, è ben attestato in ambito locale. Uno Jaymo di Paxia di Randazzo, nobile, viene citato in un atto notarile del 14 novembre 1455[22]. I fratelli Miano e Guglielmo di Paxia, vengono citati da Isidoro La Lumia, nel suo Studi di storia siciliana[23].
Se la nostra ipotesi di lettura è corretta, si tratta, probabilmente, di un’iscrizione di tipo funeraria sebbene non si possa escludere che essa riporti il cognomen di un originario proprietario di Rocca Pizzicata o ancora, quello di un viandante che ha lasciato una “firma di presenza”.
Per quanto concerne il greco, la prima lettera è un rho, seguito da un alpha, da un chi in nesso con uno iota[24], chiude un alpha. Il termine ραχια indica una copertura, un involucro ma anche una prigione[25].

Sul banco di roccia di sinistra si trova una tomba a grotticella artificiale[26] (Lat. 37° 54′ 06″N; Long. 14° 59′ 51″ E), un particolare tipo di tomba scavata nella roccia, usata per lo più in Sicilia durante l’età del Bronzo dalla cultura di Castelluccio.

DSC02297             DSC02289                                        Figura 58: La tomba a grotticella artificiale scavata nel banco roccioso
Figura 59: Il portello d’ingresso della tomba

Il portello d’ingresso a soglia alta, orientato a Sud-Est, di forma rettangolare irregolare, largo circa 105 centimetri e lungo 184, è marginato su tre lati da un’ampia risega provvista di fori destinati a ospitare probabili paletti lignei atti a fermare il lastrone di pietra, del quale oggi non vi è più traccia, che in origine chiudeva la tomba; al di sopra del portello d’ingresso si trova un frontone triangolare intagliato nella parete rocciosa. Il portello immette nella cella funeraria a pianta sub-ellittica, con l’asse maggiore di 373 centimetri e quello minore di 338 e soffitto a volta[27], sul quale si apre un foro dal diametro di 90 centimetri.

DSC04075 DSC04069 DSC04072 Figure 60-62: Interno della tomba, con il foro aperto sul soffitto

La tomba è stata certamente violata in antico e nel corso dei secoli si è prestata anche ad altri usi, come si evince dalle iscrizioni e dai glifi incisi sulle pareti. Nella parete di fondo si trovano incise tre croci su omphalos, di cui una molto erosa, questo glifo si ritrova spesso inciso su molti edifici di pertinenza templare, il che suggerisce che il sito fu un luogo conosciuto e frequentato, in passato, anche dai Cavalieri Templari.

DSC02782 Figura 63: Croci su omphalos incise sulla parete di fondo della tomba

Sotto di esse si trova un’iscrizione incisa entro un riquadro rettangolare.

DSC02783 Figura 64: Iscrizione

L’esame autoptico dell’iscrizione, consente di proporre la seguente trascrizione[28]:

D+[- – -]LI+

Alcune lettere non sono identificabili a causa dell’abrasione della superficie. La prima lettera s’identifica come una D; la successiva lettera non risulta leggibile[29]; segue una lacuna dopo la quale s’individua una L[30]seguita da una I, dopo la quale si individua un segno che potrebbe indiziare sia una B, sia una P o una R.
La lacuna centrale rende difficile la sua interpretazione.

Un’altra coppia di croci latine affrontate, si trovano incise rispettivamente una sulla parete occidentale dello stesso banco roccioso, dove si trova la tomba, e l’altra sulla parete del banco roccioso più alto di Rocca Pizzicata.

DSC02303 DSC02302 Figure 65-66: Altre coppie di croci incise nella roccia

Inerpicandosi su quest’ultimo, poco prima di arrivare alla sua sommità, ci s’imbatte in sette gradini intagliati nella roccia che inspiegabilmente conducono a un dirupo in ambedue le direzioni e in una coppella di forma circolare.

DSC02338      DSC02341 Figura 67: I sette gradini intagliati nella roccia             Figura 68: La coppella

In cima al banco roccioso, si trova un incavo trapezoidale (Lat. 37° 54′ 07″ N Long. 14° 59′ 50″ E), orientato a Sud-Est, ricavato scavando la parte sommitale dello stesso.

DSC02313 Figura 69: Incavo trapezoidale

Questo privilegiato punto d’osservazione permette, di giorno, l’agevole controllo di tutta la valle sottostante e del sito mentre di notte l’osservazione degli astri.

  DSC02345    DSC02347  DSC02348    DSC02350 Figure 70-73: Panorama visto dall’incavo

A oggi nessun Ente ha organizzato campagne di scavo archeologico presso il sito.

RILIEVO ARCHEOASTRONOMICO

Il sito è stato oggetto di svariate sessioni di misure, condotte dagli autori, tra il 2012 e il 2013.
La georeferenziazione del sito è stata eseguita mediante rilievi satellitari utilizzando un ricevitore GPS Trimble 5700.
I rilievi topografici uniti a quelli astronomici sono stati eseguiti utilizzando la stazione totale Trimble 5503 DR 200+ e la bussola magnetica prismatica Konus Konustar 10/11. Le basi GPS stabilite con il Trimble 5700 sono state usate per calibrare le misure di azimut magnetico per ottenere gli azimut astronomici.
Il rilievo completo del profilo dell’orizzonte naturale locale visibile nella direzione orientale e occidentale e stato eseguito utilizzando i dati Digital Elevation Model (DEM) ottenuti dalla Shuttle Radar Topographic Mission (SRTM), i quali forniscono le quote altimetriche di tutta la superficie terrestre con una precisione di 2,1 metri sulla quota di ciascun punto rispetto all’ellissoide WGS84.

ANALISI ARCHEOASTRONOMICA DEL SITO

Lo studio è stato effettuato per un’epoca compresa tra il 2000 e il 1500 a.C. analizzando i possibili allineamenti per il Sole, la Luna e le 144 stelle, di magnitudine non inferiore alla terza, che rappresenta il valore limite per l’osservazione a occhio nudo di stelle importanti[31].
Le misure di orientazione hanno messo in evidenza l’esistenza di alcune direzioni significative, il che fa supporre che la progettazione delle due vasche litiche e dell’”altare” doveva essere stata eseguita sulla base di criteri astronomici.
La prima vasca litica (A) risulta allineata, verso il punto dell’orizzonte naturale in cui era possibile osservare il tramonto della Luna quando essa si trova al Lunistizio estremo inferiore, nel 2000 a. C..

Vasca A lunistizio Figura 74: Tramonto della Luna al lunistizio estremo inferiore, visto dalla vasca litica A (Ricostruzione)

Il Lunistizio è un evento astronomico, che ha come protagonista il nostro satellite naturale. Così, come si verificano i solstizi per il Sole, quando lo stesso, durante l’anno, raggiunge il massimo spostamento angolare verso Nord e verso Sud, la Luna fa la stessa cosa ma in maniera più complessa.

Solstizi Figura 75

L’orbita della Luna è inclinata attualmente di 5°9’ rispetto al piano dell’eclittica, il quale a sua volta è inclinato di 23°27’ rispetto all’equatore celeste.

Orbita lunare Figura 76: Inclinazione orbita lunare rispetto al piano dell’eclittica

L’orbita lunare interseca quella della Terra in due punti detti Nodi: Nodo ascendente, quando la Luna passa dal Sud al Nord dell’eclittica, Nodo discendente, quando essa passa dal Nord al Sud dell’eclittica.

Nodi lunari Figura 77: Schema dell’orbita lunare

I nodi lunari si spostano sull’eclittica in senso opposto, cioè verso ovest, rispetto al moto della Luna, compiendo una rotazione completa dell’eclittica in 18 anni e 7 mesi. Il fenomeno è noto col nome di retrogradazione dei nodi.

retrogradazione dei nodi Figura 78: Rappresentazione simbolica della retrogradazione dei nodi

Durante la retrogradazione, può accadere che il Nodo Ascendente vada a coincidere con la posizione del punto Gamma o dell’Ariete, in questo caso la Luna, spostandosi lungo la sua orbita, raggiunge la massima declinazione possibile sopra l’equatore celeste, vale a dire a 28°36’, equivalente alla somma tra il valore angolare dell’obliquità dell’eclittica (23°27’) e l’inclinazione dell’orbita lunare (5°9’); la Luna allora si dice essere al Lunistizio estremo superiore; dopo mezza lunazione raggiungerà la minima declinazione in assoluto, cioè –28°36’, trovandosi al Lunistizio estremo inferiore.

Lunistizio estremo Figura 79: Massime declinazioni (positiva e negativa) che assume la Luna quando il Nodo Nord coincide con il punto dell’Ariete dell’eclittica

In quei giorni la Luna nel sorgere e nel tramontare raggiunge il massimo spostamento angolare verso Nord, rispetto a quello raggiunto dal Sole al solstizio d’estate e quello minimo, rispetto a quello raggiunto dal Sole al solstizio d’inverno. Il fenomeno si ripete ogni 18,6 anni e l’ultima volta si è verificato il 15 e il 29 settembre 2006.

Lunistizio estremo 3 Lunistizio estremo 2 Figure 80-81

Dopo 9,3 anni dal Lunistizio estremo, sarà il Nodo discendente a coincidere con il punto Gamma. In questa circostanza la Luna si troverà ai Lunistizi intermedi, ovvero la massima e la minima declinazione che essa potrà assumere sarà rispettivamente di 18°18’ sopra l’equatore celeste (Lunistizio intermedio superiore) e 18° 18’ sotto (Lunistizio intermedio inferiore).

Lunistizio intermedio Figura 82: Le declinazioni massime (positiva e negativa) che la Luna assume quando, dopo circa 9 anni, il Nodo Sud coincide con il punto dell’Ariete dell’eclittica

Per questo motivo essa quanto si trova al Lunistizio intermedio superiore sorgerà e tramonterà, all’orizzonte astronomico locale, in un punto intermedio tra la levata e il tramonto del Sole al Solstizio estivo e agli equinozi, mentre quanto la Luna sarà al Lunistizio intermedio inferiore, sorgerà e tramonterà in un punto intermedio tra la levata e il tramonto del Sole al solstizio invernale e agli equinozi. Il prossimo Lunistizio intermedio si verificherà nel 2015.

Lunistizio intermedio 3 lunistizio intermedio 2 Figure 83-84

La seconda vasca litica (B), risulta essere allineata verso il punto dell’orizzonte naturale, in cui poteva essere vista la levata del Sole, nella seconda decade di Maggio e nell’ultima decade di Agosto, nel 2000 a. C. (calendario Giuliano); due date che avrebbero potuto avere un senso per la popolazione stanziata nella zona, anche se intermedie rispetto ai punti di levata del Sole ai solstizi e agli equinozi.

Vasca B sole Figura 85: Levata del Sole, lungo l’asse maggiore della vasca litica B (Ricostruzione)

L’“altare”, avendo forma trapezoidale, presenta i lati rispettivamente allineati uno verso la direzione in cui era visibile la levata del Sole, all’orizzonte naturale, nella seconda decade di Maggio e nella prima decade di Settembre del 2000 a.C. (calendario Giuliano), e l’altro, invece, allineato verso il punto di levata dell’astro, all’orizzonte naturale, nei giorni dei due equinozi (calendario Giuliano); per di più, sempre in questi due giorni, un osservatore posto davanti all’altare può osservare il Sole tramontare a Ovest dietro il primo grande menhir; nei pressi del secondo menhir si trova una croce incisa nella roccia.

Altare sole 2      altare sole 3 Figura 86: Levata del Sole agli equinozi, vista dall’“altare” (Ricostruzione)
Figura 87: Tramonto del Sole equinoziale, dietro il primo grande menhir (Ricostruzione)

Il Sole non è l’unico astro interessato dagli allineamenti, in quanto abbiamo rilevato la presenza anche di alcuni allineamenti stellari significativi. I due lati dell’altare, infatti, risultano orientati rispettivamente uno verso il punto dell’orizzonte naturale di prima visibilità di Spica, la stella più luminosa della costellazione della Vergine, nel giorno della sua levata eliaca, prima decade di settembre del 2000 a.C. (calendario Giuliano) e verso l’analogo punto relativo alla stella Capella, la stella più brillante della costellazione dell’Auriga (seconda decade di aprile del 2000 a.C. calendario Giuliano). L’altro, verso il punto dell’orizzonte naturale di prima visibilità di Procione, la stella più brillante della costellazione del Cane Minore, alla sua levata eliaca (ultima decade di giugno del 2000 a.C. calendario Giuliano) e verso l’analogo punto relativo alle Pleiadi (prima decade di maggio del 2000 a.C. calendario Giuliano).

Altare stella 1    Altare stella 3 Figura 88: Levata eliaca della stella Spica, vista dall’“altare” (Ricostruzione)
Figura 89: Levata eliaca di Procione, vista dall’“altare” (Ricostruzione)

La levata eliaca di un astro si verifica quando lo stesso, sorgendo prima dell’alba, è visibile per la prima volta, a occhio nudo, nella parte orientale del cielo.
I fenomeni eliaci sono parte integrante della ritmicità del cielo, di conseguenza molte antiche culture, presso le quali l’osservazione astronomica fu molto praticata, li inclusero nella lista dei fenomeni celesti ritenuti importanti e come tali, degni di attenta e continua osservazione.
Nella maggioranza dei casi i fenomeni eliaci ebbero a che fare con lo sviluppo dei primi calendari e con la cadenza delle festività rituali lungo l’anno.
Sappiamo, dai documenti disponibili, che nell’antico Egitto le levate eliache di Sirio erano correntemente osservate e stabilivano l’inizio dell’anno nel calendario agricolo egiziano. La levata eliaca di Sirio preludeva alla benefica inondazione del Nilo, fondamentale per l’economia agricola di quel popolo. I Babilonesi facevano iniziare l’anno con la levata eliaca di Hamal (Alpha Arietis). Anche i Celti, in Europa, calcolavano la cadenza delle quattro feste fondamentali dell’anno celtico basandosi sulle date di levata eliaca delle stelle.

Sembra quindi che l’“altare” sia stato costruito in modo da essere diretto verso una zona del cielo in cui durante l’anno potevano essere osservati alcuni eventi astronomici, questo porta a supporre che la struttura servisse probabilmente anche come osservatorio astronomico.
E’ probabile, che il parallelepipedo che sormonta la piattaforma fosse utilizzato anche come sedile dal sacerdote-astronomo il quale da seduto poteva comodamente osservare il levarsi degli astri sull’orizzonte naturale.

NOTE

[1] angela.militi@gmail.com
[2] adriano.gaspani@brera.inaf.it
[3] filippobertolo@virgilio.it
[4] Privitera F., Ritrovamenti archeologici nelle grotte dell’Etna, in «Dentro i Vulcani: Atti del IX Simposio Internazionale di vulcano speleologia», Catania, 1999, p. 74.
[5] Pigorini L., Oggetti preellenicidi Randazzo (Catania), in «Bullettino di Paletnologia Italiana», Serie III, Tomo VII, Anno XXVII, Parma, 1901, p. 66.
[6] Virgilio P., Randazzo e il Museo Vagliasindi, Catania, 1969, pp. 68, 85.
[7] Nei documenti o nella toponomastica siciliana, spesso il termine Petra indica una grande pietra isolata in un esteso territorio agricolo. Il toponimo Petra Intossicata, a nostro avviso, si è trasformato nel tempo, tramite le influenze della toponomastica popolare, in Rocca Pizzicata o Pinzicata.
[8] Barberi G. L., I Capibrevi, a cura di G. Silvestri, Palermo, 1886, Vol. II: I feudi del Val di Demina, pp. 120-122.
[9] Le mappe catastali ritrovate nell’archivio del marchese Vincenzo Mortillaro di Villarena, riportano datazioni comprese tra il 1837 e il 1853, e sono state realizzate sulla base del real decreto per la rettifica del catasto fondiario dell’8 agosto 1833 e delle modifiche apportate con un nuovo decreto il 17 dicembre 1838.
[10] Le mappe del Catasto Borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), a cura di E. Caruso e A. Nobili, Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2001, Schizzo del territorio di Roccella, mappa 139, p. 233.
[11] Sono ancora in corso studi e approfondimenti volti a chiarire la funzione di questi accumuli di pietrame di piccole dimensioni presenti lungo il declivio.
[12] Con il termine di “vasca” s’intende generalmente un incavo ricavato nella roccia, di forma varia, largo almeno un metro e profondo da qualche centimetro a 2-3 metri. Le vasche rupestri vengono classificate in tre tipologie: vasche singole, plurime e letti (o troni). Le vasche singole, presentano un fondo generalmente piano attorniato da bordi contenitivi lungo tutto il perimetro destinati al contenimento o alla raccolta di liquidi o altre sostanze e, possono essere più o meno dotate di un foro di scarico o una canaletta, atti a permettere il deflusso di eventuali liquidi presenti al suo interno. Le vasche plurime, generalmente sono formate da due o più cavità poste una accanto all’altra ad altezza diverse e comunicanti tramite un foro o una canaletta. I letti (o troni) sono delle vasche aventi una parte o un lato aperto. Sono costituiti da un piano di fondo orizzontale, spesso rettangolare o quadrato, una parete verticale posteriore e bordi laterali generalmente degradanti che terminano sui vertici esterni del fondo. Battistini M., Il fenomeno delle “vasche” rupestri in Italia, in «Pietralba. Indagini multidisciplinari su alcuni manufatti rupestri dell’Alta Valtiberina» a cura di A. Moroni Lanfredini e G. P. Laurenzi, Sansepolcro, Aboca Museum, 2011, p. 11.
[13] L’analisi astronomica dei dati raccolti è ancora in atto.
[14] I casi di vasche aperte inserite in impianti plurimi sono molto rari. Ravara Montebelli C.& Battistini M., Le vasche rupestri del Montefeltro, fra tradizione e nuove interpretazioni, in «Studi Montefeltrani», N. 33, Anno 2011/2012, Società di Studi Storici per il Montefeltro, p. 48.
[15] Ivi, pp. 12-17.
[16] Bernabò Brea L. & Fallico A. M., Siracusa: guida artistica, in «I tesori di tutta Italia», a cura di F.Gentile e D. Terra, Milano, Grolier, 1988, Vol. 6: Il mondo antico.
[17] L’analisi astronomica per individuare possibili allineamenti astronomici significativi, delle cinque buche di palo, è ancora in atto.
[18] Senecae L. A., Philosophi Opera tribus tomis distincta, Venetiis, 1643, Ateneo Veneto, C 14.C.69, Tomo III: Continens Questiones Naturales, Liber primus, cap. 17, p. 40.
[19] Da sinistra verso destra.
[20] Unione di due o più lettere tramite un tratto comune.
[21] Archivio di Stato di Palermo, Fondo Diplomatico, Tabulario di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, TSMB 151.
[22] Archivio di Stato di Catania, Fondo Notarile di Randazzo, Marotta Petrus, scaf. 1, cass. 1, vol. 5, cc. 46r-46v.
[23] La Lumia I., Studi di storia siciliana, Palermo, 1870, Vol. 1, p. 672: Artale Alagona, «Ribellò e pose in armi Randazzo col favore de’ fratelli Miano e Guglielmo di Paxia, che, cadutigli non guari dopo in sospetto, imprigionò nella rocca di Castiglione».
[24] In effetti, potrebbe trattarsi anche di una variante del cristogramma formato dalle lettere greche iota e chi che fanno riferimento al nome greco di Gesù: Ιησους Χριστος (IHSOYS CHRISTÒS). Pertanto non si possono escludere altre possibilità di lettura e interpretazione.
[25] AA.VV., A Copious Greek-English Vocabulary, Oxford, 1850, p. 818, ad vocem “Ραχια”; Donnegan J., A new Greek and English lexicon, Philadelphia, 1844, p. 1097, ad vocem “Ραχια”.
Per i vari significati del termine greco ραχια si veda: Barker E. H., The various meanings of the word ραχια, in «The Classical Journal», London, 1815, Vol. XI, pp. 38-41.
[26] L’analisi astronomica dei dati raccolti è ancora in atto.
[27] L’altezza da terra, misurata dal punto più alto, è di 313 centimetri.
[28] Nella trascrizione del testo dell’epigrafe la lacuna di ampiezza non precisabile viene indicata con tre trattini entro parentesi quadre [- – -]; le lettere non identificabili sono trascritte con il segno +.
[29] Le piccole scalfitture presenti prima e dopo la lettera, potrebbero essere dei segni d’interpunzione, ma non è possibile esserne sicuri.
[30] L’abrasione della superficie non permette di esserne certi. Anche in questo caso, la piccola scalfittura presente prima della lettera potrebbe essere un segno di interpunzione.
[31] Gaspani A. & Cernuti S., Introduzione all’archeoastronomia. Nuove tecniche di analisi dei dati, Milano, Edizioni Fondazione Giorgio Ronchi, 2006.

FONTI ARCHIVISTICHE

Archivio di Stato di Palermo, Fondo Diplomatico, Tabulario di Santa Maria del Bosco di Calatamauro.

Archivio di Stato di Catania, Fondo Notarile di Randazzo, Marotta Petrus.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

AA.VV., A Copious Greek-English Vocabulary, Oxford, 1850.

BARBERI G. L., I Capibrevi, a cura di G. Silvestri, Palermo, 1886, Vol. II: I feudi del Val di Demina.

BARKER E. H., The various meanings of the word ραχια, in «The Classical Journal», London, 1815.

BATTISTINI M., Il fenomeno delle “vasche” rupestri in Italia, in «Pietralba. Indagini multidisciplinari su alcuni manufatti rupestri dell’Alta Valtiberina» a cura di A. Moroni Lanfredini e G. P. Laurenzi, Sansepolcro, Aboca Museum, 2011.

BERNABÒ BREA L. & FALLICO A. M., Siracusa: guida artistica, in «I tesori di tutta Italia», a cura di F. Gentile e D. Terra, Milano, Grolier, 1988, Vol. 6: Il mondo antico.

DONNEGAN J., A new Greek and English lexicon, Philadelphia, 1844.

GASPANI A. & CERNUTI S., Introduzione all’archeoastronomia. Nuove tecniche di analisi dei dati, Milano, Edizioni Fondazione Giorgio Ronchi, 2006.

Le mappe del Catasto Borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), a cura di E. Caruso e A. Nobili, Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2001.

PIGORINI L., Oggetti preellenicidi Randazzo (Catania), in «Bullettino di Paletnologia Italiana», Serie III, Tomo VII, Anno XXVII, Parma, 1901.

PRIVITERA F., Ritrovamenti archeologici nelle grotte dell’Etna, in «Dentro i Vulcani: Atti del IX Simposio Internazionale di vulcano speleologia», Catania, 1999.

RAVARA MONTEBELLI C.& BATTISTINI M., Le vasche rupestri del Montefeltro, fra tradizione e nuove interpretazioni, in «Studi Montefeltrani», N. 33, Anno 2011/2012, Società di Studi Storici per il Montefeltro.

SENECAE L. A., Philosophi Opera tribus tomis distincta, Venetiis, 1643, Ateneo Veneto, C 14.C.69, Tomo III: Continens Questiones Naturales, Liber primus.

VIRGILIO P., Randazzo e il Museo Vagliasindi, Catania, 1969.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Tutte le fotografie e i disegni, quando non specificato diversamente, sono stati eseguiti dagli autori.

Figura 7: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Marca, Galleria a scorrimento lavico, tratta da: <http://web.tiscalinet.it/Castiglione_di_Sic/cdamarca.htm >, agg. 2014.

Figura 8: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Balsamà, Tomba a grotticella artificiale “Lo Squalo” , tratta da: <http://web.tiscalinet.it/Castiglione_di_Sic/balsama.htm>, agg. 2014.

Figura 9: Castiglione di Sicilia (CT), Contrada Orgale, Tombe a grotticella artificiale “Grotte dei Siculi”, tratta da: <http://web.tiscalinet.it/Castiglione_di_Sic/orgale.htm>, agg. 2014.

Figura 11: Malvagna (ME), Trichora del Salvatore, l’immagine è stata gentilmente fornita da Salvatore Granato che ringraziamo.

Figure 15: Schizzo del territorio di Roccella, tratta da: Le mappe del Catasto Borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), a cura di E. Caruso e A. Nobili, Palermo, Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2001, p. 233. Regione Siciliana, CRCD, U.O IV, Archivio cartografico Mortillaro di Villarena, mappa n. 139, autorizzazione n. prot. 6833 del 18 dicembre 2014. É vietata la riproduzione o la duplicazione dell’immagine senza preventiva esplicita autorizzazione.

Figura 78: Rappresentazione simbolica della retrogradazione dei nodi, tratta da: Fresa A., La Luna: movimenti, configurazioni, influenze e culto, terza edizione, Milano, Hoepli Editore, 1952, p. 73.

Figura 87: Tramonto del Sole equinoziale, dietro il primo grande menhir (Ricostruzione): foto tratta da: Patanè E., “Ara” megalitica a Rocca Pizzicata e preistoria nella Valle dell’Alcantara (Sicilia), <http://www.artepreistorica.com/2009/12/%E2%80%9Cara%E2%80%9D-megalitica-a-rocca-pizzicata-e-preistoria-nella-valle-dell%E2%80%99alcantara-sicilia/>, agg. 2014.

Rocca Pizzicata (Roccella Valdemone, Me): un probabile sito protostorico di osservazione astronomicaultima modifica: 2015-01-16T16:38:14+01:00da angela-militi
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