Analisi archeoastronomica delle chiese di San Martino e San Vito a Randazzo

A cura di

Angela Militi[1], Adriano Gaspani[2] e Filippo Bertolo[3]

ABSTRACT

Da qualche anno è in corso un programma di studio archeoastronomico delle chiese comprese nell’area della città siciliana di Randazzo (CT). Sulla base delle accurate misure di posizione e di orientazione dei loro assi e di quelli delle loro aperture rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali ottenute durante gli scorsi anni, è iniziata l’analisi geometrica ed archeoastronomica la quale è tutt’ora in corso di svolgimento. In questo lavoro verranno presentati i risultati ottenuti nel caso della chiesa di San Martino e di quella di San Vito, quest’ultima posta al di fuori dell’antica cinta muraria della città.

Entrambi gli edifici chiesastici presentano un’orientazione astronomicamente significativa.

CHIESA DI SAN MARTINO

La chiesa di San Martino sorge nel cuore dell’omonimo quartiere, uno dei più antichi e nobile della città, dove, durante la dominazione normanna, si stabilì una comunità lombarda.

chiesa San Martino con campanile vista dal castello svevo Figura 1: Randazzo, Chiesa di San Martino, XIII sec.

La chiesa fu edificata agli inizi del XIII secolo, sul luogo dove sorgeva un’antica chiesa dedicata a San Cataldo, monaco irlandese presente in Italia meridionale durante il VII secolo d. C, di cui rimane solo una parte del campanile (ossia dal basamento sino a quello che tutti definiscono intermedio) e una scalfittura lasciata dal tetto della chiesa sul lato di levante dello stesso.

campanile s.martino 2               DSC03975                     DSC03977
Figura 2: Chiesa di San Martino, Campanile
Figura 3: Parte del campanile, in origine, della chiesa scomparsa di San Cataldo
Figura 4: Campanile, Lato di levante, Segno lasciato dal tetto della chiesa di San Cataldo (prima scalfittura sotto la bifora) e quello lasciato dalla quarta navata

La penuria delle fonti documentarie non permette una precisa ricostruzione della storia della chiesa di San Martino. Essa è citata negli elenchi relativi al pagamento delle decime dovute al Vaticano (Rationes Decimarum) degli anni1308-1310[4].

Il 15 maggio 1469, l’archimandrita Leonzio Crisafi (1468-1503) pose fine alla lunga contesa tra le chiese di San Martino, San Nicola e quella di Santa Maria, circa la preminenza in ambito cittadino che ognuna vantava, pronunciando una piena equiparazione tra esse, stabilendo che ciascuna avrebbe esercitato a turno, per un anno, il diritto di preminenza[5]. Il 24 gennaio 1494, il viceré Ferdinando de Acuña emanò un’ulteriore approvazione dell’equiparazione[6].

In conseguenza dei lavori di rinnovamento del XVII secolo, la chiesa fu solennemente riconsacrata il 3 giugno 1649, giorno in cui si celebrò il Corpus Domini[7], dall’arcivescovo di Messina, monsignor Simone Carafa, come attesta la nota scritta ad futuram rei memoriam dall’arciprete La Manna sul Libro Rosso della chiesa[8].

Dopo novantasette anni, il 21 dicembre 1746, la chiesa, venne nuovamente riconsacrata dall’arcivescovo di Messina, monsignor Tommaso Moncada, come testimonia la lapide che si trovava originariamente affissa internamente, nella controfacciata sopra il portale principale, in seguito rimossa e adagiata dietro il fonte battesimale:

Thomas Moncada archie(pisco) / pus Messanensis qui hoc tem / plum S(ancti) Martini urbis Randatij consecravit anno MDCCXLVI / mense (decem)bris die XXI pro / anniversario vero diem XXI octobris assigna / vit

DSC09019 Figura 5: L’epigrafe commemorativa

Nel 1751, la chiesa fu elevata alla dignità di Collegiata con bolla dello stesso arcivescovo Tommaso Moncada.

Nonostante i vari rimaneggiamenti attuati nel corso dei secoli, l’edificio, conserva ancora dell’originario impianto romanico-lombardo i muri perimetrali (escluso il muro della navatella meridionale), l’abside, il coronamento ad archetti pensili con arco a tutto sesto, aggettanti, poggianti su peducci di pietra basaltica, che decorano le fasce sottogronda della chiesa, nonché i frammenti di due leoni stilofori che stando a quanto riporta il reverendo Plumari (1770-1851)[9] nel suo manoscritto Storia di Randazzo, un tempo erano affissi «nel Piano di questa Collegiata Parrocchiale Chiesa di S. Martino», danneggiati da un Murifabbro, durante alcuni lavori di rifacimento del muro in cui si trovavano, furono buttati nella piazza e in seguito «traslocati da un capriccioso Sacerdote fuori le Mura di questa Città, dietro la Porta di San Martino, ove fin’oggi si osservano sopraposti a una Casa Rurale nel principio della salita al Convento dè Cappucini»[10]; oggi, i resti dei due leoni, si trovano incastonati ai lati della Porta di San Martino.

             Chiesa di San Martino TAV III                     Figura 6: La chiesa di San Martino in una cartolina di inizio XX secolo
Figura 7: Porta di San Martino, I due leoni stilofori

I primi cambiamenti dell’edificio chiesastico avvennero nel XIV secolo, quando al primitivo impianto basilicale a croce latina, venne aggiunta una quarta navata con

23 Figura 8: La quarta navata in una cartolina di inizio XX secolo

l’ambizioso progetto di aggiungerne in seguito una quinta sul lato opposto: furono realizzati i due portali laterali in pietra arenaria con arco a tutto sesto, riccamente scolpiti

  

Figura 9: Portale settentrionale in una foto del De Roberto
Figura 10: Portale meridionale in una foto del De Roberto

da maestranze locali, i quali purtroppo vennero demoliti durante i lavori di ripristino dopo la Seconda Guerra Mondiale; si salvarono solo tre frammenti del portale meridionale, due raffiguranti un serafino e il terzo dei vasi di frutta; uno dei serafini e i vasi di frutta furono posti sulla trifora ovest del campanile[11].

trifora 4°piano ovest 2 Figura 11: Resti del portale meridionale, oggi affissi sulla trifora occidentale del campanile

In seguito la facciata venne arricchita da tredici formelle in arenaria con sculture in bassorilievo raffiguranti San Martino, la Vergine Maria con il bambino in braccio, sante e martiri.

1° san martino 2° 3° santa apollonia Figura 12: San Martino vescovo di Tours
Figura 13: Santa con nimbo
Figura 14: Sant’Agata o Sant’Apollonia

4° 5° 6° s.lucia Figura 15: Santa con corona sul capo -simbolo del martirio-, circondata dall’aureola, nella mano sinistra tiene un libro chiuso
Figura 16: Santa con corona e palma, simboli del martirio
Figura 17: Santa Lucia

7° 8° 9° Figura 18: Vergine Maria con il bambino in braccio
Figura 19: Santa con corona del martirio
Figura 20: Santa con nimbo che regge la palma del martirio

10° 11° 12° 13°  Figura 21: Santa con nimbo che regge un libro chiuso e la palma del martirio
Figura 22
Figura 23: Santa con corona del martirio che regge nella mano destra una croce astile e nella sinistra un libro (probabilmente Santa Giulia)
Figura 24

Nel corso del XVII secolo, invece, quando la chiesa venne adeguata agli stilemi barocchi, fu rinnovata la facciata.

Il canonico don Antonino Vaccaro († 1794) così descrive la chiesa:

[…] Uno delli tre sagri popolari edificj, che doppo la Protometropolitana di Messina sua Diocesi, il primato nel Valdemone posson vantare se per maggioranza fra di loro non abbiano, ma uguale alternativa di Madrice annuale al governo. E’ questa da per tutto isolata, construtta in forma di Basilica, colle tribbune all’Oriente in faccia, all’uso Greco, grande con proporzionata Architettura, coperta a volta di forti dammusi, a sua corrispondente Cupola. Ha cinque porte, due dai lati, e tre in frontespizio, con artificiosa facciata che l’Occaso riguarda, e suo ben alto Campanile, di riguardevoli sacri bronzi provvisto dall’attenzion de fedeli. E volendo in essa entrare per la porta maggiore, vedesi un stradone di 192 palmi di lunghezza con 12 Colonne all’intorno che le due ale dividono, sino a toccare l’Altare Maggiore con fondo di palmi 20 dietro, all’intorno freggiato delli Canonicali stalli di riguardevole intaglio. Ha al destro lato la Cappella dell’Eucaristico Altare con distinta macchinetta marmorea di Greca struttura: ed al sinistro, la Cappella di Nostra Signora della Misericordia, rilievata in marmo. Nel suo Té, vi sono l’altare del suo Tutelare al destro fianco, e della Madre S. Anna al sinistro, ed altri 10: inferiori nelle due Ale, proporzionatamente ripartiti. Hà la sua commoda Sagrestia al lato sinistro, ove fra sacri Arredi, conservansi i doni del Rè Pietro d’Aragona, che nella sua permanenza in questa, spesso visitava, consistente in due stanze, altretanto essendo dall’altro lato, con ugual proporzione, per commodo d’orare, i Confrati del Santissimo Crocifisso, in detta Chiesa aggregati. Hà inoltre una terz’ala d’ordine rotto, mancante la quarta, perché incompetente venerandosi in essa l’imagine rilievata del Crocifisso Signore che diariamente grazie dispensa[12].

Nel 1935 l’antico pavimento in mattoni esagonali di terracotta venne sostituito con mattoni di cemento mentre l’anno dopo l’interno della chiesa venne abbellito con decorazioni in stucchi, opera, dell’artista Giuseppe Recupero da Belpasso. Alcuni anni dopo fu rifatto il tetto[13].

Durante i bombardamenti anglo-americani dell’agosto 1943, la chiesa, rimase gravemente danneggiata: andarono distrutti il tiburio poligonale, la Cappella del Santissimo

Figura 25: Il tiburio poligonale distrutto dai bombardamenti anglo-americani

Crocifisso[14] e la quarta navata, della quale si salvò parte della piccola finestra gotica, oggi murata su un muro interno della chiesa di San Nicola[15].

 aaaaaaaaaaaDSC1203         Figura 73.1 Figure 26-27: L’incredibile somiglianza tra alcuni resti murati su un muro interno della chiesa di San Nicola a Randazzo e il rilievo della finestra gotica eseguita dal Leopold

L’interno della chiesa presenta un impianto basilicale a croce latina, a tre navate separate da poderose colonne in pietra lavica, su basi quadrate e sormontate da archi a tutto sesto.

Figure 28-29: L’interno della chiesa

Al termine delle navate si allarga il transetto: oltre il quale, l’abside semicircolare fiancheggiata da due cappelle laterali. La navata centrale più ampia delle laterali, coperta da volta a botte lunettata con finestre, si prolunga, oltre il transetto, nel presbiterio absidato rialzato di sei gradini; le navate laterali sono coperte da volte a crociera, lungo le quali si aprono, rispettivamente, una cappella per lato. All’incrocio tra la navata centrale e il transetto si eleva, sorretta da quattro grandi pilastri, la cupola la quale andò a sostituire il tiburio poligonale, rimasto distrutto durante i bombardamenti del 1943.

Figura 30: La nuova cupola della chiesa

La chiesa di San Martino risulta, dal punto di vista archeoastronomico, alquanto interessante.

L’asse della navata della chiesa di San Martino, nella direzione che parte dalla porta d’ingresso e continua verso l’abside, è orientata secondo un azimut astronomico medio pari a 54,9 gradi, con un incertezza di 0,1 gradi in più o in meno, rispetto alla direzione nord del meridiano astronomico locale, quindi in forte disaccordo con l’orientazione equinoziale (azimut pari a 90 gradi) prescritta dalla Curia Romana. Oltre a ciò, la direzione dell’asse risulta esterno all’amplitudine ortiva del Sole, ossia più a nord della posizione di levata del Sole al solstizio d’estate all’orizzonte naturale locale, rappresentato dal profilo delle montagne di sfondo.

Immagine arco ortivo Figura 31

Di conseguenza tale orientamento non concorda con l’orientamento solare bensì sembra molto più in accordo con un criterio d’orientazione di tipo lunare.

L’azimut di orientazione dell’edificio, infatti, risulta correlato con il punto di levata della Luna nel giorno di lunistizio estremo superiore quando, alla sua massima declinazione, pari a 28°36′, corrisponde la posizione più settentrionale del punto di levata dell’astro notturno.

asse navata chiesa di san martino Figura 32: Orientazione dell’asse della chiesa di San Martino

Il fatto che essa sorga su un precedente luogo di culto dedicato a un santo monaco pellegrino irlandese, che diventò vescovo di Taranto e il di cui culto è diffuso in gran parte dell’Italia meridionale compresa la Sicilia, si accorda perfettamente con il tipo di orientazione non romana rilevata e quindi sembra essere del tutto naturale ipotizzare che l’antica orientazione del vecchio luogo di culto sia stata mantenuta in fase di edificazione del successivo durante il XIII secolo.

CHIESA DI SAN VITO

La chiesa di San Vito fu edificata a Est della città, extra moenia: infatti dista circa quattrocento metri dalle mura, anche se oggi risulta inglobata nella città è da il nome all’omonimo quartiere in cui sorge.

Chiesa di San Vito Figura 33: Randazzo, Chiesa di San Vito

Essa è una delle più antiche chiese della città; in assenza di documenti relativi alla sua fondazione solamente l’osservazione diretta e la lettura stilistica possono far luce circa l’origine di questa chiesa.

Stilisticamente, la costruzione della chiesa appartiene a quel filone di architettura chiesastica dell’età normanna, ascrivibile cronologicamente all’ultimo decennio del XII secolo, quindi alla fine del periodo normanno.

Da un libro contabile della chiesa, compilato tra il 1759 e il 1824, conservato presso l’Archivio della Basilica minore di Santa Maria, apprendiamo che il procuratore della stessa dipendeva dall’Arciprete della Città e che oltre alle normali celebrazioni, ogni anno veniva solennizzata, con grande partecipazione popolare, la festa del suo titolare[16].

Il Sommarione[17] del Catasto provvisorio siciliano del 1852, registra sia la chiesa di San Vito che la sua sagrestia[18].

Nell’insieme l’edificio presenta una configurazione volumetrica modesta e sobria.

La chiesa oggi è visibile su tre lati: la facciata, il lato settentrionale e quello meridionale mentre l’area absidale è inglobata in una struttura rurale.

20140817_115250 Figura 34: L’abside della chiesa, attualmente inglobata in una struttura rurale

La fabbrica della chiesa è realizzata con pietrame lavico legato con la calce e l’integrazione di cocci di cotto, con spigoli a vista in conci angolari squadrati di pietra lavica, un tempo, la parte inferiore era ricoperta da uno strato di malta bianca.

Figura 35: La chiesa di San Vito in una foto del De Roberto

Essa racchiude nel suo interno una pianta rettangolare a navata unica, coperta da tetto ligneo a vista – rifatto alla fine degli anni ’80 –, che termina in una piccola abside semicircolare estradossata, coronata da semicalotta definita sul fronte da arco a sesto acuto, al di sopra della quale si apre, in asse, un oculus; nel settore mediano si apre una monofora strombata con arco a tutto sesto, murata, molto probabilmente, quando l’abside fu inglobata, come detto, nel fabbricato rurale.

DSC06684 modif. Figura 36: L’interno della chiesa

Sulla parete settentrionale, è visibile una porta – cronologicamente più recente – murata.

Le pareti della chiesa, in origine, dovevano essere affrescate ma non si conservano tracce indicative, dovuto al fatto che, inspiegabilmente abbandonata, decadde rapidamente: divenne un magazzino, legnaia e, in tempi a noi più vicini, adibita a fucina.

La semplicità interna della chiesa, riaffiora nella facciata, a coronamento orizzontale, che s’innalza oltre la linea di displuvio; quest’ultima costituita da falde di tegole in terracotta

chiesa s.vito Figura 37: La facciata della chiesa

che – prima dei lavori dell’ultimo restauro – protendevano all’esterno del muro, senza grondaie, separate e al di sopra di un’altra fila orizzontale, sporgente, di tegole (Vedi Figura 35). Nella facciata si apre un portale, in stile gotico, ad arco a sesto acuto in conci radiali di pietra lavica, con cordone realizzato in ugual materiale, sostenuto da piedritti in conci di pietra lavica alternati ad arenaria, sormontato nella parte superiore da un oculus; conclude la facciata un campanile a vela con apertura ogivale. In tempi recenti, essendo stato alquanto abbassato il piano stradale antistante l’ingresso principale della chiesa, si è reso necessario realizzare una gradinata, in basalto, per permettere l’accesso alla stessa.

Sul lato meridionale dell’edificio, si apre un portale architravato con mensole sagomate, sormontato – prima dell’ultimo restauro – da una lunetta cieca a sesto acuto in conci radiali di pietra lavica, in origine affrescata[19].

Chiesa di San Vito TAV III    DSC00220
Figure 38-39: Il portale meridionale prima e dopo l’ultimo restauro

L’edificio ecclesiastico, nel corso del tempo, non ha subito alcuna trasformazione, pertanto, la sua struttura architettonica originale non è stata alterata, ciò nonostante, l’interno fu fortemente manomesso e degradato: fu completamente rimosso il pavimento originale e parte del sottostrato, abbassando – di circa 50 centimetri – il piano di calpestio della chiesa; gli affreschi che ricoprivano in origine le pareti, andarono completamente perduti, in parte a causa dell’inesorabile deterioramento dovuto al passare degli anni e allo stato d’abbandono, in parte, molto probabilmente, fortemente deteriorati da uno spesso strato di sporco generato dal fumo nero della forgia a carbone del fabbro.

L’edificio subì un primo restauro esterno nel 1956: con questo intervento venne rimosso lo strato di malta e restaurato il portale d’ingresso[20].

Chiesa di San Vito TAV IV.1     Chiesa di San Vito TAV IV.2                                               Figure 40-41: La facciata della chiesa e il portale in una foto del don Virzì

La chiesa, così com’è visibile oggi, è il risultato del secondo intervento di restauro compiuto alla fine degli anni ’80, sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Architettonici. In questo restauro venne eseguita la pulitura delle pareti esterne mediante sabbiatura; venne rimossa l’architrave del portale meridionale, demolita la parete interna della lunetta che divenne l’arco del portale e sostituite le mensole sagomate (Vedi Figure 38 e 39); rifatto il tetto a capriate a vista; venne modificata la linea di gronda delle falde di displuvio, la quale non protende più verso l’esterno del muro, e aggiunte delle grondaie in

linea di gronda prima linea di gronda dopo Figure 42-43: La linea di gronda delle falde di displuvio prima e dopo l’ultimo restauro

stridente contrasto con lo stile architettonico della chiesa; si alzò il pavimento al livello originale e vennero intonacati i muri interni. In tempi recenti il massetto pavimentale è stato rivestito di lastre con superficie rugosa e, ai lati e al centro dell’aula fasce di semplici mattoni rettangolari di cotto rosso.

Dal punto di vista archeoastronomico, la chiesa di San Vito risulta essere particolarmente interessante poiché vi sono codificate alcune direzioni astronomicamente significative.

L’edificio sacro, tenendo conto del profilo dell’orizzonte naturale locale di sfondo, presenta un’orientazione tendenzialmente equinoziale (Az=95°,8 ± 0°,2) in accordo con le prescrizioni ecclesiastiche romane.

Il Sole era visto sorgere lungo l’asse della chiesa, nella seconda metà del XII secolo, in due date durante l’anno, più precisamente all’alba del 7 Marzo e a quella del 24 Settembre (Annunciazione di San Giovanni Battista) del calendario Giuliano.

Sull’azimut opposto, l’astro era visto tramontare, nella seconda metà del XII secolo, all’orizzonte naturale locale, nei giorni del 31 Marzo e quello del 29 Agosto (Decollazione di San Giovanni Battista) del calendario Giuliano.

Orientazione asse chiesa San Vito        Orientazione asse chiesa San Vito2 Figure 44-45: Orientazione dell’asse della chiesa di San Vito

Se consideriamo l’oculus posto sopra l’arco trionfale, rileviamo che il transito del Sole, alla mattina, del 9 Maggio e del 22 Luglio (Santa Maria Maddalena) del calendario Giuliano, qualche ora dopo la levata, nella seconda metà del XII secolo, proiettava lo spot ellittico luminoso generato dall’oculus, sul pavimento della chiesa esattamente dove s’incrociano le due diagonali dell’aula, in cui, molto probabilmente, si trovava una lastra tombale o si

DSC03764 DSC03763 20140728_092813_HDR       Figure 46-48: Lo spot ellittico luminoso generato dall’oculus al transito del Sole

apriva una botola attraverso la quale si accedeva a una camera sepolcrale, come ad esempio nella chiesa di San Gregorio e in quella di San Bartolomeo.

DSC09735 DSC09742 DSC00963 Figura 49: Randazzo, Chiesa di San Bartolomeo, Interno, Sul pavimento, al centro della navata, è visibile la botola (coperta da assi di legno), attraverso la quale si accede alla camera sepolcrale
Figure 50: La botola che si apre sul pavimento, in origine, coperta da una lastra tombale
Figura 51: Randazzo, Chiesa di San Gregorio, La botola, coperta da una spessa lastra in pietra lavica, che da accesso alla piccola camera sepolcrale (2x3x2 m)

Se prendiamo in considerazione, invece, l’oculus posto sopra la facciata, rileviamo che nel giorno del solstizio d’estate, il Sole, tramontando, proiettava lo spot ellittico luminoso attraverso l’oculus, sul pavimento della chiesa dove s’incrociano le due diagonali dell’aula.

In quel periodo il solstizio d’estate cadeva il 15 Giugno del calendario Giuliano, cioè nello stesso giorno in cui si commemorava San Vito, titolare della chiesa.

Si rileva, inoltre, che il transito del Sole, prima del tramonto, nei giorni del 3 Maggio (Invenzione della Santa Croce) e in quello del 27 Luglio del calendario Giuliano, proiettava lo spot ellittico luminoso attraverso l’oculus, sul pavimento della chiesa all’inizio dell’emiciclo absidale.

DSC03837      DSC03838                         Figure 52-53: Lo spot ellittico luminoso generato dall’oculus al transito del Sole

Anche la Luna proiettava uno spot luminoso quando passava, tramontando, attraverso l’oculus sul pavimento al centro dell’emiciclo absidale, nel giorno in cui, a intervalli di 18,6 anni solari tropici[21], si trovava al lunistizio intermedio superiore (declinazione pari a +ε-i)[22].

L’astro notturno, proiettava lo spot luminoso per un giorno ogni mese lunare per circa un anno prima del lunistizio intermedio e per un anno dopo.

Il calcolo astronomico ha messo in evidenza che durante la seconda metà del XII secolo, il lunistizio intermedio si verificò negli anni 1159, 1178, 1196. E’ probabile quindi che la progettazione della chiesa avvenne in uno di questi tre possibili anni lunistiziali lunari.

Assumendo come punto d’osservazione il punto corrispondente all’ingresso della chiesa, la pietra angolare di Nord-Est risulta allineata verso il punto di levata del Sole, all’orizzonte naturale locale, nei giorni del 2 Aprile e del 29 Agosto (Decollazione di San Giovanni Battista) del calendario Giuliano; mentre la pietra angolare di Sud-Est risulta allineata verso il punto di levata del Sole, all’orizzonte naturale locale, nei giorni del 29 Gennaio e del 30 Ottobre.

Pietre angolari Figura 54: Linee astronomicamente significative

La data del 2 Aprile potrebbe essere connessa con il Dies Dominicus, una Domenica di Pasqua. La festa della Pasqua cristiana è mobile, in quanto, com’è noto, essa si celebra la Domenica più vicina al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera[23]. La data del 2 Aprile corrisponde alla Domenica di Pasqua negli anni 1111, 1116[24], 1195[25].

Assumendo come punto d’osservazione il punto centrale dell’emiciclo absidale, la pietra angolare di Nord-Ovest risulta allineata verso il punto di tramonto del Sole, all’orizzonte naturale locale, nei giorni dell’11 Maggio e del 20 Luglio del calendario Giuliano; mentre la pietra angolare di Sud-Ovest risulta allineata verso il punto di tramonto del Sole, all’orizzonte naturale locale, nei giorni del 2 Marzo e del 29 Settembre (San Michele Arcangelo) del calendario Giuliano.

Pietre angolari2 Figura 55: Linee astronomicamente significative

Si è appurato che quando la Pasqua ricorre il 2 Aprile, il 29 Gennaio cade la Domenica di Settuagesima[26], il 31 Marzo il Venerdì Santo e l’11 Maggio l’Ascensione.

Tendo conto di questo e dei tre anni – 1159, 1178, 1196 – in cui si verificò il lunistizio intermedio, è probabile che la fondazione della chiesa di San Vito avvenne nel 1195.

Dobbiamo rilevare anche un fatto interessante, ovvero che gli orientamenti astronomici individuati e i giochi di luce sono correlati con date in cui cadevano alcune feste particolarmente solennizzate dai Cavalieri Templari.

allineamenti date templari spot luminoo 22 luglio spot luminoo 3 maggio Figure 56-58

NOTE

[1] angela.militi@gmail.com
[2] adriano.gaspani@brera.inaf.it
[3] filippobertolo@virgilio.it
[4] Sella P., Rationes decimarum italiae nei secoli XIII e XIV. Sicilia, Città del Vaticano, 1944, p. 64 n. 820.
[5] Archivio Chiesa di San Martino (ACSM), Libro Rosso, vol.1, ff. 13r-16r. Tale disposizione verrà abolita con decreto dell’8 dicembre 1936 emanato da monsignor Salvatore Russo, vescovo di Acireale, il quale stabilì come “Matrice” la chiesa di Santa Maria.
[6] Ivi, ff. 16v-17r.
[7] La chiesa venne dedicata a San Martino vescovo di Tour il 27 maggio di un anno imprecisato. Ivi, f. 162v.
[8] Ibidem.
[9] Arciprete della Basilica minore di Santa Maria di Randazzo, il quale dedicò tutta la sua vita a dare memoria storica alla Città.
[10] Plumari G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, 1847-49, voll. I-II, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77, vol. I, Libro II, p. 206.
[11] Militi A., Randazzo segreta. Astronomia, Geometria Sacra e Misteri tra le sue pietre, Acireale-Roma, Tipheret, 2012, p. 134.
[12] ACSM, Fascicolo 1, Rivelo che fa’ il Canonico Don Antonino Vaccaro qual Procuratore dell’Opera della fabrica della Collegiata di San Martino alla Spettabile Deputazione dell’Estimo Città di Randazzo. Il documento, inedito, è qui pubblicato per la prima volta.
[13] Magro L., Cenni storici della città di Randazzo compilati dal P. Luigi da Randazzo, Cappuccino, divisi in due parti. Prima parte: Randazzo Civile, Seconda parte: Randazzo Sacra, con aggiunta di tre appendici importanti, trascrizione a cura di Sergio Sebastiano Aidala, Randazzo, 1946, Biblioteca Comunale di Randazzo, SL.G.43, Seconda parte, c. 16, p. 232.
[14] Ivi, c. 18, p. 234.
[15] Militi A., Randazzo segreta, op. cit., p. 135.
[16] Archivio Chiesa di Santa Maria, Libro dei conti della chiesa di San Vito.
[17] Registro descrittivo delle proprietà, in cui sono notati i dati relativi al nome del possessore, alla natura, all’ubicazione, alla superficie, alla classe di produttività e alla rendita della proprietà.
[18] Archivio di Stato di Catania, Fondo Catasto provvisorio siciliano, Sommarione di Randazzo, anno 1852, vol. 2229, Sezione G, n.79, p.92.
[19] Virzì S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, voll. I-III, Biblioteca Comunale di Randazzo, SL.A.31-33, vol. I, p. 121.
[20] Ivi, vol. III, cap. 9: Chiese minori, fig. 78. Il don Virzì accenna solo al restauro del portale.
[21] Ovvero ogni 6798 giorni solari medi.
[22] La Luna doveva sempre essere crescente.
[23] Gaspani A., Astronomia e geometria nelle antiche chiese alpine, Quaderni di cultura alpina, Ivrea, Priuli & Verluca editori, 2000, pp. 17-20.
[24] Anno bisestile.
[25] Cappelli A., Cronologia cronografia e calendario perpetuo, quarta edizione, Milano, Edizione Ulrico Hoepli, 1978, pp. 58-59.
[26] La Settuagesima è la nona Domenica prima della Pasqua. Essa, segna l’inizio dei preparativi per la Quaresima.

FONTI ARCHIVISTICHE

ARCHIVIO CHIESA DI SANTA MARIA

Libro dei conti della chiesa di San Vito.

ARCHIVIO CHIESA DI SAN MARTINO

Fascicolo 1, Rivelo che fa’ il Canonico Don Antonino Vaccaro qual Procuratore dell’Opera della fabrica della Collegiata di San Martino alla Spettabile Deputazione dell’Estimo Città di Randazzo.

Libro Rosso, vol.1.

ARCHIVIO DI STATO DI CATANIA

Fondo Catasto provvisorio siciliano, Sommarione di Randazzo, anno 1852, vol. 2229.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

CAPPELLI A., Cronologia cronografia e calendario perpetuo, quarta edizione, Milano, Edizione Ulrico Hoepli, 1978.

GASPANI A., Astronomia e geometria nelle antiche chiese alpine, Quaderni di cultura alpina, Ivrea, Priuli & Verluca editori, 2000.

MAGRO L., Cenni storici della città di Randazzo compilati dal P. Luigi da Randazzo, Cappuccino, divisi in due parti. Prima parte: Randazzo Civile, Seconda parte: Randazzo Sacra, con aggiunta di tre appendici importanti, trascrizione a cura di Sergio Sebastiano Aidala, Randazzo, 1946, Biblioteca Comunale di Randazzo, SL.G.43.

MILITI A., Randazzo segreta. Astronomia, Geometria Sacra e Misteri tra le sue pietre, Acireale-Roma, Tipheret, 2012.

PLUMARI G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, 1847-49, voll. I-II,  Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77.

SELLA P., Rationes decimarum italiae nei secoli XIII e XIV. Sicilia, Città del Vaticano, 1944.

VIRZÌ S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, voll. I-III,  Biblioteca Comunale di Randazzo, SL.A.31-33.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Tutte le fotografie, le cartoline e i disegni, quando non specificato diversamente, sono stati eseguiti dagli autori.

Figura 9: Portale settentrionale in una foto del De Roberto, tratta da: De Roberto F., Randazzo e la valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p. 62.

Figura 10: Portale meridionale in una foto del De Roberto, tratta da: Ivi, p. 63.

Figura 27: Rilievo della finestra gotica eseguita dal Leopold, tratto da: Leopold W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007, p. 152.

Figura 35: La chiesa di San Vito in una foto del De Roberto, tratta da: De Roberto F., Randazzo e la valle dell’Alcantara, op. cit., p. 79.

Figura 38: Il portale meridionale prima dell’ultimo restauro tratto da: Virzì S.C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, voll. I-III,  Biblioteca Comunale di Randazzo, SL.A.31-33, vol. III, cap. 9: Chiese minori, fig. 16.

Figure 40-41: La facciata della chiesa e il portale in una foto del don Virzì tratto da: Ivi, figg. 13, 78.

Figura 42: La linea di gronda delle falde di displuvio prima, particolare della foto della chiesa di San Vito del De Roberto: De Roberto F., Randazzo e la valle dell’Alcantara, op. cit., p. 79.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamo vivamente padre Emanuele Nicotra, parroco della chiesa di San Martino, per averci gentilmente concesso di consultare l’archivio della parrocchia.
Ringraziamo, altresì, don Santo, parroco della chiesa del Sacro Cuore, per la gentile disponibilità e per aver permesso i rilievi nella chiesa di San Vito.

Analisi archeoastronomica delle chiese di San Martino e San Vito a Randazzoultima modifica: 2015-02-08T09:00:46+01:00da angela-militi
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