L’iscrizione del palazzo Clarentano a Randazzo: nuova lettura e interpretazione

Palazzo Clarentano è un’elegante dimora nobiliare del XVI secolo, in stile tardo-gotico catalano, con influssi rinascimentali, situato nel cuore del centro storico, a pochi passi dalla chiesa di San Nicola.

palazzo clarentano                 cartolina                                                       Figura 1: Randazzo, Palazzo Clarentano
Figura 2: Il prospetto principale del palazzo in una cartolina di inizio XX secolo

Il palazzo fu voluto, probabilmente, dal nobile Antonio Clarentano nel 1509, come lascia supporre un’iscrizione incisa sulla cornice marcapiano dello stesso che riportava la data e il nome del nobile. In seguito l’edificio passò di proprietà alla famiglia Finocchiaro. Attualmente appartiene alla famiglia Dilettoso.

Il prospetto principale si affaccia su via Duca degli Abruzzi mentre quello occidentale su via Clarentano.

L’edificio presenta una pianta a parallelogramma e si sviluppa su due livelli: piano terra e piano nobile.

Al piano terra, sul lato del prospetto principale, si apre un ampio portale con arco a sesto ribassato realizzato in conci di pietra arenaria squadrati, concluso da un cordone esterno che poggia su due capitelli decorati.

DSC04235 Figura 3: Il portale del prospetto principale

Ai lati del portale, poste ad altezze diverse, si aprono due finestre rettangolari, in arenaria, definite anch’esse da un cordone, ad andamento rettilineo, sostenuto da peducci all’estremità, chiuse da grate in ferro battuto.

foto 2      foto 3            Figure 4-5: Le due finestre che sia aprono al pianterreno

Una cornice marcapiano, sulla quale poggiano tre bifore in arenaria ad arco acuto divise da colonnine, separa il pianterreno con il piano nobile.

A chiudere il prospetto principale, lungo tutta la facciata, lo sporto del tetto, sorretto da mensole lignee ingentilite da intagli decorativi.

Sulla cornice marcapiano, come detto precedentemente, è presente un’iscrizione latina.

Il testo è disposto su un’unica linea che corre lungo la cornice. Esso, diviso in tre parti da due protomi leonine che reggono uno stemma[1] (capriolo accompagnato da tre stelle di otto raggi poste due al capo ed una in punta), è inciso in caratteri capitali di tipo romanico.

DSC01718        stemma palazzo clarentano 2                                                      Figure 6-7: Le due protomi leonine

L’ultima parte del testo rimase coperta, dopo il 1857, dal muro dell’edificio attiguo ma, fortunatamente, fu trascritta dall’architetto francese Bailly[2].

Il solco dell’incisione, a sezione triangolare, è relativamente profondo. Le parole, con buona frequenza, sono separate da interpuncta. L’iscrizione è molto curata sia nell’ordinatio sia nell’incisione delle lettere.

L’esame dell’iscrizione, compiuto nel 2007, ha evidenziato alcune differenze rispetto alla lettura fornita da Bailly, primo editore del testo. Pertanto, il testo dell’iscrizione dovrebbe essere il seguente[3]:

Inter autem pensan//dum es<t> q(uod) tutior via sit ut bonum quis que post mortem suam sperat agi per alios agat dum vivit ipse prose nobilis An//tonius Clarintanus MCCCCCIX[4]

Secondo l’interpretazione data da un amico del Bailly, esperto nella letteratura e usanze religiose del Medioevo, il testo deriverebbe da un inno cantato dai monaci benedettini per eccitarsi alla fatica lavorativa. Altresì, secondo l’erudito, il testo contiene due errori: nedum per pedum e sit invece di sic, pertanto interpreta: «Inter autem pensa, pedum esto tutior via. Sic, ut bonum quisque post mortem suam sperat agi per alios, agat, dum vivit, ipse pro se» e traduce: «Il lavoro è il sentiero. Tu speri che dopo la tua morte il bene sarà fatto da altri: fai da te anche quando sei vivo; paga il tuo debito personale»[5].

Questa interpretazione è stata condivisa dalla maggior parte degli studiosi che si sono occupati, in seguito, dell’iscrizione[6].

Ben diversa è l’interpretazione proposta dal professore Sabbadini e dal Vagliasindi Polizzi.

Il professore così interpreta il testo: «Inter vitae pensa ne diu esto. Tutior via sit ut bonum quod quisque post mortem suam sperat agi per alios, agat dum vivit ipse per se…» e traduce: «Non indugiarti troppo a lungo tra le cure della vita. Sarebbe regola più sicura che ciascuno facesse da sé mentre vive quel bene che spera gli sia fatto dagli altri dopo la morte»[7].

Il Vagliasindi Polizzi, invece, propone: «Quisque sperat post mortem suam agi inter pensa dum, ipse vivit agat bonum ut autem tutior sit via, esto per alios nedum, pro se N. A C 1509» e traduce: «Ognuno spera dopo la sua morte figurare, nei monumenti, mentre egli vive benefici e per sicuro riuscire si studii per gli altri non meno che per sé stesso farebbe N. A C 1509 che corrisponde: Si prodesse aliis stude as tibi proderis ipsi Muret»[8].

In realtà, abbiamo appurato che il testo dell’iscrizione è citazione di un passo dei Dialoghi di San Gregorio Magno, ovvero l’incipit del capitolo LVIII: De virtute ac mysterio victimae salutaris (Misteriosa efficacia della vittima salutare)[9].

PL, 77, 425 Figura 8: L’incipit del capitolo LVIII

Che Simonetti così traduce: «Riguardo a questo argomento bisogna considerare che la via più sicura è che il bene, che ognuno spera di ricevere da altri dopo la sua morte, egli stesso lo faccia a suo beneficio durante la vita»[10].

Un Antonius Clarintano, nobile, è citato come testimone in un documento del 1514[11].

DSC09440 Figura 9: Particolare del documento in cui è citato il nobile Antonius Clarintano. Archivio Chiesa di San Martino, Libro Rosso, vol. 1, f. 26v

NOTE

[1] La protome leonina del cantonale di sud-ovest è molto abrasa e mutila dello stemma.
[2] Bailly E., Palais Finocchiara, a Randazzo, in «Revue Générale de l’architecture et des travaux publics» a cura di César Daly, vol. 15, Paris, 1857, col. 191.
[3] La trascrizione è data in minuscolo, utilizzando le maiuscole secondo gli usi comuni e distinguendo tra u e v in base al valore fonetico assunto dal singolo segno. Non sono riprodotti gli interpunta. Le lettere fra parentesi acute racchiudono le lettere aggiunte nella trascrizione perché dimenticate dallo scriptor; con le parentesi tonde ( ) sono state sciolte le abbreviazioni. Le lettere attualmente perdute ma note perché trascritte da altri studiosi sono state trascritte con l’uso della sottolineatura. Si è inserita una doppia barra obliqua // per segnalare la fine della sezione.
[4] Pensandum: pensa nedum (Ibidem); est quod: esto (Ibidem); quis que: quisque (Ibidem); prose: pro se (Ibidem).
[5] Ibidem.
[6] Di Marzo G., Delle belle arti in Sicilia dai Normanni sino alla fino del sec. XIV, Palermo, 1858, vol. I, p. 341; il De Roberto e il Leopold, riportano la lettura di Bailly, De Roberto F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p. 26; Leopold W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007, p. 156; Virzì S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. I, p. 73; Bellafiore G., Architettura in Sicilia (1415-1535), Palermo, Italia Nostra, 1984, p. 150; Agati S., Randazzo una città medievale, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 1988, p. 201.
[7] Mandalari M., Ricordi di Sicilia, seconda edizione, Città di Castello, 1902, p. 221 nota 68.
[8] Vagliasindi Polizzi P., Cenni storici, Chiese, Monumenti, Antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146, p. 32.
[9] Sancti Gregorii Papae, Dialogorum Libri IV, in «Patrologiae cursus completus. Series Latina» accurante J.-P. Migne, Parisiis, 1849, Tomo LXXVII, col. 425.
[10] Magno Gregorio, Storie di santi e di diavoli (Dialoghi), testo critico e traduzione a cura di Manlio Simonetti, commento a cura di Salvatore Pricoco, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2006, Volume II: Libri III-IV, p. 351.
[11] Archivio Chiesa di San Martino, Libro Rosso, vol. 1, f. 26v.

FONTI ARCHIVISTICHE

ARCHIVIO CHIESA DI SAN MARTINO

Libro Rosso, vol. 1.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

AGATI S., Randazzo una città medievale, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 1988.

BAILLY E., Palais Finocchiara, a Randazzo, in «Revue Générale de l’architecture et des travaux publics» a cura di César Daly, vol. 15, Paris, 1857.

BELLAFIORE G., Architettura in Sicilia (1415-1535), Palermo, Italia Nostra, 1984.

CALI’ P., Palazzo Clarentano a Randazzo, in «Quaderni del dipartimento patrimonio architettonico e urbanistico (P.A.U.)», a. IV (1994), n. 8.

DE ROBERTO F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909.

DI MARZO G., Delle belle arti in Sicilia dai Normanni sino alla fino del sec. XIV, Palermo, 1858, vol. I.

LEOPOLD W., Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo, traduzione a cura di Leopold A., contributi di Leopold A., Lombardo R., Prescia R., Scarpignato G., Enna, Il Lunario, 2007.

MAGNO GREGORIO, Storie di santi e di diavoli (Dialoghi), testo critico e traduzione a cura di Manlio Simonetti, commento a cura di Salvatore Pricoco, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2006, Volume II: Libri III-IV.

MANDALARI M., Ricordi di Sicilia, seconda edizione, Città di Castello, 1902.

SANCTI GREGORII PAPAE, Dialogorum Libri IV, in «Patrologiae cursus completus. Series Latina» accurante J.-P. Migne, Parisiis, 1849, Tomo LXXVII, col. 425.

VAGLIASINDI POLIZZI P., Cenni storici, Chiese, Monumenti, Antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146.

VENTURI A., L’architettura del quattrocento, in «Storia dell’Arte Italiana», vol. 8, 1924.

VIRZÌ S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. I.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
Le fotografie e la cartolina sono dell’autrice.

Figura 8: L’incipit del capitolo LVIII, tratto da: Sancti Gregorii Papae, Dialogorum Libri IV, in «Patrologiae cursus completus. Series Latina» accurante J.-P. Migne, Parisiis, 1849, Tomo LXXVII, col. 425.

Figura 9: Particolare del documento in cui è citato il nobile Antonius Clarintano. Archivio Chiesa di San Martino, Libro Rosso, vol. 1, f. 26v. Documento inedito qui riprodotto grazie alla gentile concessione di padre Emanuele Nicotra, parroco della chiesa di San Martino. Vietata la riproduzione senza autorizzazione.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamo vivamente padre Emanuele Nicotra, parroco della chiesa di San Martino, per avermi gentilmente concesso di consultare l’archivio della parrocchia e per avermi consentito di fotografare e pubblicare il particolare del documento.

L’iscrizione del palazzo Clarentano a Randazzo: nuova lettura e interpretazioneultima modifica: 2015-03-13T08:59:58+01:00da angela-militi
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